La lega di Cambrai

giulio ii della rovere

Papa Giulio Il della Rovere, nel celebre ritratto di Tiziano. Uomo spregiudicato e spietato, più politico che uomo di fede, fu l'animatore della lega di Cambrai, vera e propria crociata antiveneziana che tanti sconvolgimenti causò anche a Verona.

 

All'inizio del '500, unificato e consolidato il potere su un vasto territorio che andava dalla Dalmazia a Bergamo e si estendeva su buona parte del Mediterraneo, Venezia pareva essere giunta all'apice dello splendore e della potenza politico-economica. Come spesso era accaduto nella storia della penisola dalla caduta dell'Impero Romano in poi, una potenza locale intravedeva il miraggio dell'unificazione d'Italia sotto il proprio dominio. Come altrettanto spesso era accaduto, vi erano numerosi interessi a mantenere la divisione e pronti a coalizzarsi per impedire la supremazia di uno sugli altri. Verona si trovò in mezzo a questo scontro e ne subì i drammatici svolgimenti.

 

Nel desolante panorama offerto dai decaduti stati regionali italiani che nel corso degli anni erano stati indeboliti da lotte interne per il potere e dall'intervento di stati nazionali sempre più potenti come Francia e Spagna, Venezia rappresentava un'eccezione. Con accorte politiche internazionali, alleanze, un'oculata amministrazione, solide istituzioni, una valida flotta, la Serenissima riusciva non solo mantenere le sue posizioni, ma anche a espandersi tenendo testa a stati che sulla carta erano ben più potenti e organizzati. Venezia era riuscita a prendere territori strategicamente rilevanti: in Puglia, strappandoli agli aragonesi, in Romagna, con Cervia, Rimini e Faenza ottenuti dalla disfatta di Cesare Borgia, Fiume e Trieste, strappati agli Asburgo.
Fu così che, per contrastare i successi veneziani, nel 1508 si costituì a Cambrai, cittadina belga, una lega promossa da papa Giulio II e che univa i francesi di Luigi XII, Massimiliano I d'Asburgo, la Spagna di Ferdinando il Cattolico e il re d'Ungheria. Estensi e Gonzaga, pure preoccupati dell'espansionismo veneziano si unirono. L'obbiettivo di quella che sembrava una vera e propria crociata, era il ridimensionamento dell'espansionismo veneziano. A guerra finita i partecipanti la lega si sarebbero spartiti i territori di Venezia. Verona venne assegnata all'imperatore d'Austria.
Di fronte a una simile potenza Venezia poteva ben poco. Dopo i primi successi, la sconfitta di Agnadello il 14 maggio del 1509 segnò la completa disfatta dell'esercito veneto, sbaragliato dalle truppe francesi.
Il 31 maggio la Repubblica Veneta sciolse le città di terraferma dal giuramento di fedeltà e richiamò le forze rimaste alla difesa della laguna. La scelta fu quantomai oculata. Venezia non poteva garantire adeguata protezione a Verona e non poteva quindi imporre l'impegno della città a sostegno della causa della Serenissima, impegno che avrebbe potuto scatenare pesanti rappresaglie sui veronesi.
Verona, dopo un secolo di protezione militare veneziana era dunque abbandonata a se' stessa. I veronesi decisero quindi di aprire la città ai francesi di Luigi XII. I patti della lega di Cambrai erano invece che la città dovesse andare a Massimiliano I e solo dopo l'insistenza degli stessi veronesi che tra francesi e austriaci avevano capito quale fosse il male minore, Luigi XII cedette la città all'imperatore. Massimiliano ben comprendeva la posizione strategica di Verona e secondo i suoi piani voleva farne la capitale dei propri possedimenti italiani, dal Trentino ad Aquileia, proprio come avrebbero poi fatto gli austroungarici tre secoli dopo con la restaurazione post-napoleonica. Massimiliano I venne a ricevere dalla cittadinanza giuramento di fedeltà l'ottobre del 1509.
Nonostante il controllo formale asburgico, a presidio della città rimasero anche le truppe francesi e giunsero quelle spagnole (i bastioni di Spagna, nei pressi di San Zeno, devono il nome al luogo dove quest'ultime si acquartierarono), in tutto 18.000 soldati. L'occupazione delle masnade della lega fu brutale e vessatoria con continue razzie e violenze sulla popolazione veronese. I tentativi di rivolta soffocati nel sangue con torture e pubbliche esecuzioni.
Ma così come si era formata, la lega di Cambrai si sciolse seguendo le trame di papa Giulio II, astuto e spregiudicato politico più che uomo di chiesa. Il papa si era reso conto che soprattutto il re di Francia Luigi XII stava ottenendo più vantaggi e peso in Italia di quanto lui non avesse pianificato.
Verona rimase tuttavia sotto il controllo imperiale fino al 1516, quando Massimiliano, le cui dissestate finanze rendevano sempre più difficoltoso mantenere una dispendiosa occupazione invisa alla cittadinanza, accettò il riscatto di duecentomila ducati d'oro che Venezia offrì per riavere Verona. Per salvare almeno una parvenza d'onore, la città non fu data direttamente a Venezia ma affidata a Carlo di Spagna che la cedette al re di Francia che infine la consegnò a Venezia.
Verona veniva "perdonata" da Venezia e grande fu il tripudio per la riunificazione ai domini della Serenissima. In un secolo di dominazione veneta, si era in qualche modo venuto a creare un sentimento di unità culturale, territoriale tra città che si erano spesso combattute e poteva quasi far pensare a una nazione.

 

Le Nuove Fortificazioni

La lega di Cambrai, la guerra che ne derivò, l'occupazione imperiale, avevano gettato una nuova luce sull'importanza strategica di Verona e sulla necessità di un'efficace sistema difensivo che facesse fronte all'evoluzione delle tecniche belliche, polvere da sparo e artiglierie in particolare.
Il Machiavelli commentò che "e' Veneziani in tutti questi luoghi in cui si rinsignoriscono fanno dipingere un San Marco, che in scambio di libro ha una spada in mano, d'onde pare che si siano adveduti ad loro spese che ad tenere li stati non bastano li studj e e' libri".
"Historia magistra vitae", ma spesso anche inascoltata Cassandra e, tre secoli dopo, Radtzky, governatore del Lombardo-Veneto, si troverà a fronteggiare un simile problema allorché i Piemontesi giunsero alle porte della città durante l'offensiva che seguì i moti rivoluzionari del 1848.
Come primo intervento venne realizzata una fascia di sicurezza a sud della città dove, per non offrire all'eventuale nemico alcun punto d'appoggio dietro cui potersi nascondere, preteggere o da cui contrattaccare, vennero spianate case, ville, casolari, chiese, conventi, alberi. I borghi di Santa Lucia e di San Massimo restarono quindi separati dalla città. Ancora oggi, la zona compresa tra Verona e San Massimo (oggi divenuto un quartiere cittadino) ricorda nella toponomastica questa operazione: la Spianà.
All'indomani della restaurazione veneziana, Verona era ancora protetta dalle mura scaligere. Ideate dalla lungimiranza e dal genio militare di Cangrande avrebbero mantenuto il medesimo tracciato sino all'annessione del Veneto all'Italia nel 1866, ma nella struttura e nelle soluzioni tecniche erano ormai ampiamente superate.
La riorganizzazione e la riprogettazione del sistema difensivo della città venne affidato a Michele Sanmicheli, architetto militare e urbanista. Sanmicheli era originario di Verona, ma la sua arte l'aveva portato a formarsi a bottega da grandi architetti in giro per l'Italia. Venezia aveva già usufruito del suo genio per la ralizzazione di fortezze, palazzi e chiese, sia in Laguna che nei porti controllati dalla Serenissima sparsi per il Mediterraneo.
Verona venne così circondata da una moderna cinta muraria, rinforzata da bastioni poligonali, con possenti terrapieni e fossati. L'opera non solo era efficiente, ma anche dotata di una notevole piacevolezza estetica che ne fanno ancora oggi una vera e propria opera d'arte, impreziosita dalle porte disegnate dallo stesso Sanmicheli: Porta Nuova, Porta Palio e Porta San Zeno. Le porte rappresentano una vera e propria summa di arte rinascimentale intrisa di citazioni colte tratte dai monumenti dell'antichità romana di cui Verona è ricca e dai quale Sanmicheli "attinse" a piene mani.
Il Sanmicheli interviene anche sulla struttura urbana, realizzando le direttrici rettilinee che dagli ingressi portano verso il centro: Corso Porta Nuova e Corso Porta Palio, e inserendo in punti topici della città i suoi edifici, quasi dei punti di riferimento: Palazzo Bevilacqua, Palazzo Canossa, Palazzo Guastaverza, Palazzo Pompei, la chiesa di San Giorgio.
Verona si era così trasformata in una vera e propria città-fortezza. Da questo momento in poi non sarebbe più stata conquistata con le armi, divenendo un formidabile baluardo per il controllo del territorio. La pace sarebbe durata più di duecentocinquanta anni.

 

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