La Prima Guerra di Indipendenza

La Prima Guerra di Indipendenza fu il primo tentativo dei Savoia di annettere al proprio regno il Lombardo-Veneto occupato dagli Asburgo con un'operazione militare. L'azione si inseriva nel più generale progetto di unificazione dell'Italia.

dipinto che mostra la battaglia di santa Lucia

Santa Lucia è il punto più vicino a Verona a cui riuscirono a giungere le truppe piemontesi di Carlo Alberto di Savoia. Si trovava a soli 1.300 metri dalla cinta muraria della città. In nessuna delle successive guerre di indipendenza gli italiani riuscirono mai a giungere così vicini. Oggi Santa Lucia è un quartiere di Verona.

I piemontesi inizialmente riportarono una serie di successi, occupando la fortezza austriaca di Peschiera e giungendo a poco più di un chilometro dalle mura di Verona. Gli austriaci ripresero però l'iniziativa respingendo gli attaccanti oltre il Ticino e riprendendo il controllo di tutto il Lombardo-Veneto.

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I Moti Liberali del '48

Con il diffondersi della rivoluzione parigina del febbraio 1848 in tutta Europa i moti arrivarono anche nei territori italiani dell'Impero Asburgico.

Le 5 giornate di Milano

A Milano il 18 marzo si ebbe un'insurrezione popolare, si innalzarono le barricate e si iniziò una durissima lotta che si protrasse per cinque giorni, le famose "Cinque giornate". Alla fine del quinto giorno il comandante austriaco Radetzky decise di sgombrare la città e di ritirarsi entro le fortezze del cosiddetto quadrilatero: Verona, Peschiera, Mantova, Legnago.

La Repubblica di San Marco

L'insurrezione scoppia anche a Venezia. Il 22 marzo le truppe austriache devono abbandonare la città, dove un governo provvisorio guidato da Daniele Manin proclamò risorta la Repubblica di San Marco.

L'Iniziativa di Carlo Alberto

Cogliendo l'occasione dalle rivolte antiasburgiche la casata sabauda, guidata dal re Carlo Alberto, si mise alla testa di un'alleanza di volontari e truppe di altri stati della penisola e marciò verso il Veneto e Verona dove si erano asserragliati gli austriaci. Questo strano esercito conseguì una serie di importanti vittorie nel Mantovano e a sud del Lago di Garda: Goito, Monzambano e Valeggio sul Mincio. Rimaneva ancora in mano austriaca Peschiera, tra i luoghi più fortificati, attrversato dal Mincio e munito di mura robuste e larghe fosse, progettate già in epoca veneziana dal Sanmicheli e rinforzate dagli austriaci. L'assedio dei piemontesi durò circa un mese. Nelle numerose azioni militari che interessarono la costa sud occidentale del lago di Garda, vi fu anche la celebre battaglia di Pastrengo in cui vi fu la famosa carica dei Carabinieri a cavallo che influenzò le sorti dello scontro.

dipinto che mostra la battaglia di Custoza

La Battaglia di Pastrengo. In essa di distinsero i carabinieri a cavallo con la loro famosa carica.

La Battaglia di Santa Lucia

Forte delle truppe che arrivavano dal resto della penisola Carlo Alberto riuscì a raggiungere Santa Lucia, a pochi chilometri dalle mura di Verona, oggi ormai un quartiere cittadino. Quella che doveva essere una semplice ricognizione dell'esercito sardo si trasformò quasi subito in un'accesa battaglia con gli imperiali: presso Santa Lucia, al Fenilon, alla Croce Bianca al Chievo, oggi tutti quartieri cittadini. Le perdite furono gravissime, nell'una e nell'altra parte e i piemontesi a causa dei tentennamenti di Carlo Alberto non seppero sfruttare l'occasione e si ritirarono presso le posizioni precedenti a sud del Garda dove riuscirono a conseguire ancora alcuni successi come a Goito e soprattutto a Peschiera, dove la fortezza capitolò. Nonostante questi successi, i tentennamenti dell'esercito sabaudo permisero al Radetzky di riprendere l'iniziativa delle operazioni e di infliggere ai piemontesi ripetute sconfitte, l'ultima e più grave a Custoza.

Si è molto detto sull'indecisione di Carlo Alberto di Savoia una volta giunto alle porte di Verona.
Anche se arrivare fin lì era stato relativamente facile, le mura della città erano state ammodernate dagli austriaci con terrapieni e muri alla Carnot. Un attacco diretto sarebbe stato una carneficina con pochissime possibilità di successo.
Carlo Alberto, dal ciglione di Santa Lucia, forse scrutava l'orizzonte in cerca di segnali di rivolta della popolazione che non avvenne. Nei giorni precedenti Radetzky aveva tappezzato la città di manifesti con cui ordinava alla popolazione di restare chiusa in casa nelle fasi salienti della battaglia. Chi non avesse rispettato il coprifuoco sarebbe stato fucilato.

Ritirata piemonetese e sconfitta

Carlo Alberto pagò duramente la sua incertezza. Gli austriaci ripresero l'iniziativa infliggendo una serie di pesanti sconfitte ai sabaudi in ritirata fino alla sconfitta nella battaglia di Novara, oltre il Ticino, in Piemonte.
Le condizioni della resa furono durissime. Criticato dall'esercito e dal popolo il re abdicò andando in esilio in Portogallo e lasciando il regno al figlio Vittorio Emanuele II.

Conseguenze

Le iniziative degli austriaci all'indomani dello scampato pericolo ebbero importanti e gravi conseguenze per tutto il territorio occupato, in particolare per Verona. L'arrivo di Carlo Alberto con le sue truppe alle porte della città aveva reso il Radetzky più insicuro e la città venne dotata di un poderoso sistema difensivo costituito, oltre che dalle imponenti mura bastionate, da più cerchie concentriche di forti che si estendevano fino al Mincio rendendo di fatto la città un sistema difensivo inespugnabile.

Gli Interventi Post '48

Radetzky dovette sicuramente rimproverarsi di non avere dato esecuzione ai progetti di fortificazioni esterne elaborato dell'ingegnere militare Franz von Scholl, ma rimasto nei cassetti perché ritenuto troppo dispendioso per un rischio che dieci anni prima era considerato modesto.

Il forte di Rivoli in una foto d'epoca

Il Forte di Rivoli all'imbocco della valle dell'Adige.

La Prima Cerchia dei Forti

Dal 1848 al 1859 una massiccia campagna di costruzione interessò il veronese, dando così piena esecuzione al grande campo trincerato di Verona. 12 furono i forti costruiti per questa prima cerchia difensiva di Verona: forte Chievo, Croce Bianca, Spianata, San Zeno, Santa Lucia, Fenilon, San Massimo, Palio, Porta Nuova, Tombetta, Santa Caterina, San Michele.
Oggi purtroppo molti sono andati distrutti ma alcuni sono ancora visitabili assieme a buona parte della cinta muraria cittadina.

La Seconda Cerchia dei Forti

Con il 1859, il generale piemontese Giovanni Cavalli ideò e sperimentò un nuovo tipo di cannone con la canna rigata. La nuova arma aveva una gittata che poteva raggiungere per i pezzi più grossi i 5200 metri, e un potere dirompente superiore e fu ben presto adottato dagli eserciti di tutti gli stati.
Le nuove artiglierie avevano reso nel giro di un decennio, il moderno sistema difensivo del von Scholl obsoleto anche perché gli eserciti, con l'introduzione della coscrizione avevano iniziato ad aumentare considerevolmente di dimensioni.
La costruzione della nuova cerchia di forti a una distanza minima di 4 chilometri dalle mura di Verona, resasi dunque necessaria per tenere a debita distanza l'artiglieria piemontese, fu affidata al colonnello del genio austriaco Andreas Tunkler von Treuimfeld.
La zona pianeggiante a sud-ovest da Verona fino a Peschiera, veniva così ad essere un formidabile e inespugnabile ragnatela di forti che infatti si rivelarono efficaci nel respingere l'attacco piemontese nella terza guerra di indipendenza.

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La II Guerra d'Indipendenza

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