Il '700 e Napoleone

scipione maffei

Scipione Maffei, figura di maggior spicco del '700 veronese. Storico, letterato, illuminista, animatore della scena culturale e politica nella Verona del XVIII secolo nel contesto europeo.

 

Alla fine del '700 Verona veniva da quasi quattrocento anni di dominazione veneziana. Nei primi anni di questo rapporto Verona aveva goduto della sicurezza data dalla potenza militare veneziana e relativa agiatezza del sistema commerciale di cui Venezia era fulcro.
Allo stesso modo Verona ora si trovava invischiata nella lenta e inesorabile decadenza politico-economica che stava trascinando la Repubblica Veneta verso la sua inevitabile fine.
Grazie alle capacità diplomatiche, alle ingenti ricchiezza accumulate nei secoli di splendore e a una certa capacità di adattarsi al mutamento, ad esempio spostando le attività economomiche dal commercio all'agricoltura, Venezia era riuscita a sopravvivere alla nascita in Europa degli stati nazionali, sempre più potenti e assetati di territori di conquista, all'espansionismo ottomano che contendeva alla laguna il controllo sul Mediterraneo.
Nonostante il ruolo subalterno, Verona, grazie anche alla sua storia e alla sua posizione strategica era riuscita comunque a ritagliarsi una posizione privilegiata nella realtà veneta.

 

Alcune elite cittadine erano comunque riuscite a mantenere vivo un certo fervore culturale. Un intellettuale come Scipione Maffei ad esempio si muoveva con disinvoltura per l'Europa, intessendo rapporti e relazioni con gli illuministi, scopriva antichi manoscritti nella Biblioteca Capitolare, dava vita a uno dei primi musei pubblici d'Europa (oggi Museo Lapidario Maffeiano) con la sua collezione di epigrafi greche e romane, promuoveva la realizzazione di un teatro Filarmonico.
La scena artistica conosceva figure come quella di Giambettino Cignaroli (fondatore dell'Accademia d'Arte), e Antonio Rotari, apprezzati per le loro eleganti e raffinate opere alle corti più importanti del vecchio continente.
Sulla via del Grand Tour, "porto di mare in terra" come la definì lo stesso Maffei, Verona veniva visitata da personaggi come Goethe e Mozart. Il Tiepolo, ultimo grande maestro della tradizione veneziana, realizzava opere per committenze cittadine come il soffitto per il salone di Palazzo Canossa.
Le elite e il popolo assistevano alle commedie di Carlo Goldoni che era di casa in Arena, già diventato un vero e proprio teatro all'aperto. Aprivano i primi caffé dove si poteva sorseggiare la nuova bevanda assieme al cioccolato.
Questo crogiolarsi mollemente in una specie di bolla priva di grossi eventi e mutamenti all'interno di un'Europa che tutt'attorno ribolliva, avrebbe tuttavia avuto un brusco risveglio.
L'orologio della Storia stava infatti per suonare nuovamente i suoi inesorabili rintocchi.

 

La Rivoluzione Francese

leone di san marco scalpellato

Ciò che rimane oggi del leone di San Marco su Palazzo della Ragione. Il furore giacobino dell'esercito napoleonico cercò di cancellare ogni minimo segno della dominazione veneziana a Verona.

Il 14 luglio 1789 a Parigi veniva occupata la Bastiglia. Era l'inizio della fase più violenta della Rivoluzione Francese. Da quei terribili e drammatici rivolgimenti emergeva la figura di Napoleone Bonaparte che in breve avrebbe scardinato tutto l'assetto geopolitico europeo. Con il pretesto di difendere la Rivoluzione e anzi di allargarla a tutti i popoli dell'Europa, Napoleone si lanciò in una serie di guerre di difesa prima, di conquista poi. La penisola italiana e Venezia non sarebbero rimaste immuni.
Nel 1796, dopo una carriera fulminante all'interno dell'esercito rivoluzionario, a soli 27 anni Napoleone veniva nominato Generale in capo dell'Armata d'Italia. Passato il confine a Nizza, avanzava facilmente in Luguria, Piemonte, e Lombardia, battendo con facilità l'esercito Austriaco e Piemontese che cercava di opporsi all'avanzata francese.
La Repubblica Veneta, obbedendo alla politica immobilistica degli ultimi anni, aveva voluto mantenere una neutralità armata sia nei confronti della Francia, che degli imperiali e Savoia, e sperava così di riuscire a mantenere lo status quo. Nei lunghi secoli di dominazione si era assistito a una progressiva disaffezione delle città del Veneto nei confronti di Venezia. Pur essendo nominalmente una Repubblica, Venezia era in realtà retta da una ristrettissima oligarchia formata dalle famiglie più ricche e blasonate della città. Le famiglie nobiliari di città come Padova, Vicenza e la stessa Verona, non erano mai state rese veramente partecipi nell'amministrazione politica del territorio.
Nella confusione generale Verona aveva fornito breve ospitalità a Saverio di Borbone, Conte di Provenza, fratello ed erede di Luigi XVI, pretendente al trono come Luigi XVIII. Con questo pretesto Napoleone si apprestava a marciare sulla città che venne in breve abbandonata da tutti quelli che potevano, tra cui anche molte autorità venete. Quanto tempo era passato dall'epoca in cui il glorioso e formidabile esercito veneziano era temuto e rispettato in tutta Europa. Non restavano che alcuni mercenari dalmati e un esercito raffazzonato, costituito da contadini malamente addestrati con equipaggiamenti desueti.
I dodicimia soldati francesi entrarono a Verona attraverso Porta San Zeno il 1° giugno del 1796 senza colpo ferire.
L'occupazione francese fu arrogante, oppressiva e umiliante per la città e per la popolazione.
In breve vennero occupati i presidi militari di Castel San Pietro, San Felice e Castelvecchio. Le antiche chiese di San Bernardino e Sant'Eufemia sconsacrate e trasformate in ospedali militari. Arrivati per diffondere i principi di libertà, uguaglianza e fratellanza della Rivoluzione francese, i soldati francesi si distinsero per le prepotenze, i soprusi e le sopraffazioni non solo sulle istituzioni ma anche sui comuni cittadini: vettovaglie sequestrate, arredi sacri distrutti e arraffati come bottino, il tutto di fronte all'imbelle indifferenza delle autorità veneziane che speravano così di mantenere la loro posizione di neutralità.
In realtà le angherie avevano una strategia e uno scopo ben preciso: quello di far detonare la rivolta e avere così la scusa per un intervento più massiccio e dare quindi il colpo di grazia alla moribonda Venezia.

 

Le Pasque Veronesi

pasque veronesi

Scontri tra truppe francesi e popolazione nei pressi del pozzo dei Mazzanti, subito dietro piazza delle Erbe. Sull sfondo la Torre dei Lamberti.

 

Il 17 aprile del 1797, lunedì di Pasqua, dopo una serie di provocazioni che coinvolgevano anche infiltrati veronesi, la scintilla scoccò presso il Pozzo dei Mazzanti con un soldato veneziano e uno francese. Da lì, la rivolta si propagò a tutta la città coinvolgento soldati schiavoni (dalmati) e la stessa popolazione.
I francesi si arrocarono nei castelli cittadini incominciando a tempestare la città con le artiglierie. Da tutta la città giungevano soldati veneziani e austriaci che venivano liberati. I due rettori veneti, rappresentanti del potere veneziano in città, nell'ostinata pretesa di mantenere la neutralità, abbandonarono Verona, lasciando a se' stessa la cittadinanza.
Dopo tre giorni di feroci scontri, i rinforzi francesi giunsero in città il 20 aprile, cingendola d'assedio con 15.000 soldati.
Le trattative di pace proseguirono fino al 27 e si conclusero con una sostanziale resa incondizionata della città, con la complicità delle autorità venete che anzi biasimarono le rivolte.
Era la situazione che i francesi avevano cercato, adesso avrebbero avuto mano libera. Venne costituita una Municipalità "democratica" alla francese, il Monte di Pietà venne svaligiato, i rivoltosi fucilati fuori Porta Nuova. Tra essi membri della nobiltà, del clero e comuni cittadini. I simboli della Repubblica Veneziana, leoni alati, iscrizioni, statue celebrative, abbattute, distrutte, scalpellate, spesso con l'aiuto degli stessi cittadini veronesi presi dal furore giacobino.
Le chiese spogliate dei loro tesori, gli argenti fusi, le opere d'arte trafugate e spedite Parigi come la pala del Mantegna per San Zeno. Il secolare Palio, la corsa citata dallo stesso Dante, vietata. Napoleone voleva evitare qualsiasi assembramento di folla che potesse dar vita a rivolte antifrancesi come erano state le Pasque Veronesi. L'Arco dei Gavi, monumento romano del I secolo, demolito così come tutto ciò che poteva essere all'occorrenza usato per creare barricate. Brecce furono aperte nelle mura veneziane rendendole così inservibili.

 

La rivolta che viene oggi ricordata con il nome di Pasque Veronesi rimase l'unico episodio di resistenza e rivolta contro l'oppressione napoleonica in terra veneta. Napoleone era abituato a un nuovo modo di fare la guerra tutto incentrato sulla rapidità e la velocità di movimento. Sapeva che gli eventi avrebbero potuto costringerlo ad abbandonare velocemente le nuove conquiste e non voleva che il nemico se ne potesse servire. Tra tutte le dominazioni che Verona subì nel corso della sua storia plurimillenaria, quella francese fu l'unica che non lasciò alcuna traccia significativa se non distruzione e macerie.
Nonostante le vane speranze di sopravvivere con la pretesa neutralità, di lì a poco veniva decretata la fine della stessa Serenissima Repubblica, con un atto del Maggior Consiglio che il 12 maggio 1797 sanciva la capitolazione di fronte alle pretese francesi.

 

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