Il Comune
Nel I secolo a.C. i romani trasformarono Verona da piccolo villaggio di capanne in grande città con palazzi in muratura, infrastrutture e strade lastricate in pietra. L'impianto romano di Verona, e molti suoi monumenti, hanno resistito più di duemila anni e sono tuttora visibili.
La lunetta del portale di San Zeno. Al centro, il patrono di Verona benedice cavalieri, ossia la nobiltà, e fanti, la nuova borghesia cittadina, mercanti e artigiani che, concorrendo alla difesa della città, possono assumere cariche politiche. L'opera è considerata una delle prove dell'avvenuta istituzione del Comune.
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Enrico II
Ottone III morì senza lasciare eredi. Gli succedette Enrico II di Baviera che dovette fronteggiare l'aggressivo emergere di un nuovo pretendente alla corona di re d'Italia: Arduino di Ivrea. Membro di una famiglia di origine germanica che aveva i suoi possedimenti in quello che è oggi il Piemonte, fattosi eleggere da alcuni feudatari locali, si diede a una feroce e repentina campagna di acquisizioni territoriali soprattutto nei confronti dei vescovi che all'epoca erano dei veri e propri feudatari. Arrivato fino a Verona, nel 1004 ne mise in fuga il vescovo Oberto sconfiggedone l'esercito presso la Chiusa e si accampò a Domegliara, alle porte della città verso la Valpolicella.
Enrico II, chiamato da Oberto, organizzò un esercito con il quale mise in fuga Arduino. Enrico entrò a Verona dove incontrò alcuni importanti feudatari tra cui Tebaldo di Canossa. Incoronato Re a Pavia nello stesso anno, Enrico torò nuovamente in Italia, passando per Verona, per essere incoronato Imperatore a Roma nel 1013. A Verona tenne una dieta cui parteciparono Ariberto arcivescovo di Milano, il patriarca d'Aquileia, il vescovo di Vercelli, il marchese d'Este, Bonifacio di Canossa.
Corrado II, Enrico III, Enrico IV
Con la morte di Enrico II la corona di Germania passò al casato di Franconia con Corrado II, e poi con Enrico III ed Enrico IV in uno dei periodi più complessi e intricati della storia d'Italia. Alla grande confusione contribuì lo scontro tra il potere imperiale e il papato, con la miriade di duchi, marchesi, piccoli e grandi feudatari sempre pronti ad appoggiare l'uno o l'altro a seconda dei propri interessi, sempre pronti a vedere in ogni segno di debolezza dell'autorità un'opportunità per accrescere ricchezza e potere.
In questo scontro tra papato e impero, nel 1061, il nobile veronese Pietro Cadalao venne nominato papa con il nome di Onorio II dall'assemblea di Basilea che lo voleva opporre ad Alessandro II. Lo scontro fu aspro, con concili e scomuniche che cercarono di far prevalere ora l'uno ora l'altro papa e si concluse nel 1072 con la morte di Cadalao.
La guerra tra papato e impero, relativa soprattutto alle investiture ecclesiastiche, continuò anche con Gregorio VII, succeduto ad Alessandro II, e con Enrico IV. Il papa scomunicò l'imperatore, che per ottenerne la revoca dovette recarsi come pellegrino al castello di Canossa.
Nello scontro tra impero e papato si inseriva come paladina di quest'ultimo la stessa Metilde di Canossa, grande proprietaria terriera in nord Italia e personalità influentissima nella penisola. Verona decise di sostenere Enrico IV che nella città trovò più volte rifugio e sostegno strategico. Truppe veronesi presero parte all'attacco di Nogara contro Matilde e al fortunato assedio di Mantova del 1091 la cui caduta venne festeggiata dall'imperatore proprio a Verona. Il figlio di Enrico IV, morto nella presa di Monteveglio, fu sepolto a San Zeno.
Il Grande Terremoto
Nel 1117 un tremendo terremoto colpì il nord Italia e a Verona i danni furono particolarmente severi. L'anello esterno dell'Arena crollò in questa occasione, e pochissime furono le chiese e gli edifici che non subirono danni gravi.
La Borghesia e la Nascita del Comune
Nel frattempo, all'ombra dello scontro tra papato e impero, grazie all'attività commerciale e manifatturiera, si erano sviluppate nella penisola alcune realtà economiche molto floride e attive. In città come Venezia, Pisa, Milano, grazie all'abbondanza di risorse si assisteva a una rinascita demografica e all'emergere di una nuova classe sociale che di lì in poi avrebbe pesato sempre più nei destini della penisola e dell'Europa intera: la borghesia cittadina, fatta principalmente di mercanti, commercianti e artigiani.
Il benessere dei più importanti centri inoltre non rimaneva confinato nelle mura cittadine, ma andava a infuenzare positivamente anche altri centri minori, come la stessa Verona, dove la nuova classe economica cercava di inserirsi sempre più nel processo decisionale, nell'amministrazione e nella politica cittadina.
La nuova classe sociale era inoltre in grado di pagarsi un armamento e di entrare così a far parte degli eserciti cittadini nei ruoli di fanteria e affiancare i cavalieri, esponenti della nobiltà, nella difesa dei confini del comune. Questa nuova realtà è ben rappresentata nel bassorilievo della lunetta del portale della chiesa di San Zeno. Sin dalle sue prime costruzioni, l'abbazia aveva mostrato un'origniale commistione di rappresentazioni sacre e laiche. San Zeno, al centro della lunetta, calpestando il demonio, benedice da un lato i cavalieri e dall'altro i fanti che portano i vessilli comunali. La bandiera di Verona era all'epoca una croce bianca in campo rosso, adottata forse dopo la partecipazione della città alla Prima Crociata. Sarà solo con gli scaligeri che i nuovi colori della città divennero il giallo e il blu della bandiera delle corporazioni delle arti e dei mestieri.
A San Zeno inoltre veniva conservato il carroccio, che al di là dei significati politici che è venuto assumendo in epoche recenti, era il simbolo dell'indipendenza e unità comunale. Si trattava di un carro che portando le insegne comunali, accopagnava i soldati in battaglia. Sul carroccio un prete diceva messa durante la battaglia e impartiva i sacramenti a chi nello scontro veniva colpito a morte.
Il carroccio rimase all'interno della chiesa di San Zeno fino al 1585 quando venne distrutto da un incendio.
Con lo sviluppo dei comuni si venne inoltre delineando quella contapposizione tra fazioni che avrebbe insanguinato per molti decenni la penisola e la stessa Verona. i Guelfi e i Ghibellini. I nomi delle due fazioni ebbero origine in Germania, dalla famiglia bavarese dei Welf di Altdorf e dal castello di Weiblingen appartenente agli Hoenstaufen e per strane e non chiare vicende finirono per trovare un nuovo significato nella penisola italiana.
A Verona i Guelfi facevano capo al Conte di Sambonifacio, uno dei vassalli della casa Canossa, mentre i Ghibellini avrebbero fatto riferimento principalmente alle casate cittadine dei Montecchi e dei Crescenzi ed è in questi scontri di fazione e casate che si creò il substrato storico-culturale che diede probabilmente vita alla leggenda di Giulietta e Romeo.
Con il 1136 il mutamento di governo a Verona, con la creazione del Comune, era già avvenuto. Consoli eletti tra le ricche famiglie di mercanti-artigiani amministravano la città.
Dal 1151 il consoli vennero sostituiti dai rettori che rimasero in carica fino al 1169 quando verranno soppiantati dal podestà.
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