I Longobardi

piatto longobardo

Piatto in argento con scena di combattimento. VII secolo. Da un corredo funerario trovato presso Isola Rizza oggi conservato al Museo di Castelvecchio.

 

Alla scomparsa di Teodorico i timori che avevano ossessionato il sovrano nella sua vecchiaia, e cioé che Bisanzio volesse riprendere il controllo della penisola, si concretizzarono. L'imperatore d'Oriente Giustiniano, inviando le sue truppe al comando del generale Belisario, diede inizio a quella guerra contro i goti che per diociott'anni avrebbe insanguinato l'Italia, decimando la popolazione e riducendo le ultime vestigia dello splendore romano a un cumulo di macerie fumanti.
Verona stessa probabilmente raggiunse il punto più basso nella sua storia plurimillenaria. La popolazione cittadina del primo secolo dopo Cristo, quando l'Arena venne edificata, doveva essere ben oltre i ventimila abitanti. Alla fine del VI secolo, a causa di guerre, carestie, epidemie e alla fuga di chi poteva verso campagne e monti, si ridusse a poche migliaia di persone. Nel centro della città, a pochi passi dal foro coi palazzi un tempo abbelliti da bassorilievi e statue preziose, dove sorgevano sontuose domus romane decorate da mosaici, affreschi e ora ridotte a poco più che ruderi, vennero allestite alla rinfusa e alla meno peggio, torri, capanne e tombe. Il selciato in calcare lasciava il posto a vigne e orti coltivati nel cuore della città. Incendi e devastazioni contribuirono a far scomparire quei pochi residui dello splendore romano della città. Di tutto ciò si ha un'affascinante e tremenda testimonianza presso il museo degli Scavi Scaligeri dove, alcuni metri sotto terra si possono ammirare nei vari strati sovrapposti le fasi della decadenza altomedioevale di Verona. I magnifici mosaici di domus patrizie accanto a rozzi sarcofagi realizzati con materiale di spolia e basamenti di rozze torri.

 

La calata dei longobardi

 

Alla fine della guerra gotica, con la morte dell'ultimo suo re Teia finì il regno dei goti in Italia. Il governo di Bisanzio sulla penisola non durò però molto. Secondo la leggenda fu il generale bizantino Narsete, per una ripicca in quel complicato gioco di ruoli e potere che spesso caratterizzò la politica di Costantinopoli, a chiamare in Italia i longobardi. Si trattava di una delle tante popolazioni germaniche, di cultura nomade e guerresca, che dalla Scandinavia era progressivamente migrata verso le pianure dell'Europa centrale e ora si preparava a varcare le Alpi con al seguito donne, vecchi, bambini e armenti.
Era il 568 e a guidarli vi era il re Alboino. Lungo l'avanzata egli lasciava i suoi duchi a presidiare le città che andava conquistando con facilità. A lungo, e in parte tuttora, il nord Italia, primo ad essere occupato da questa nuova stirpe di conquistatori, fu chiamato Longobardia, in seguito Lombardia. Dante stesso, parlando di Cangrande della Scala, signore scaligero, lo definsce il "Gran lombardo".
Con la conquista di Pavia, unica città a opporre una flebile resistenza e che sarebbe poi diventata la capitale del regno, nel 571 l'insediamento longobardo è concluso. Capitale temporanea, sempre per la sua importanza strategica al centro dei territori conquistati, è però Verona. Alboino si insedierà nel palazzo-castello che fu di Teodorico. E qui ancora una volta la storia si fonde con il mito. E' infatti a Verona, nelle sale del cupo castello rischiarate dalle torce, che secondo la leggenda si consuma il dramma che segnerà la fine del re longobardo. Alboino sta festeggiando la conquista d'Italia circondato dai suoi duchi e generali accorsi da tutto il nord Italia. Tra loro vi è anche la sua sposa Rosmunda. Preso dall'euforia della vittoria, del banchetto coi suoi guerrieri e sicuramente dall'abbondante vino, Alboino lodandone la bellezza, porge da bere alla consorte in una coppa che, secondo le crudeli usanze barbariche, era stata realizzata con il cranio del padre della stessa Rosmunda, Cunimondo re dei Gepidi, altra popolazione barbarica annientata dai longobardi in Pannonia. Rosmunda beve, ma in cuor suo già medita vendetta. Assieme a Elmichi, nobile del seguito di Alboino di cui era diventata amante, ordisce una congiura e uccide a tradimento il re longobardo. Non avendo previsto la fedeltà dei suoi duchi al valoroso re, i congiurati sono costretti a fuggire a Ravenna, ancora in mano bizantina, dove trovano la morte in vicende più e più volte romanzate.
Sempre secondo il raccondo leggendario, Alboino venne sepolto a Verona, sotto una scala di accesso al palazzo di Teodorico. La scoperta di alcune sepolture longobarde proprio in un muro della scalinata di accesso a castel San Pietro, fece credere a molti di aver finalmente trovato la tomba del re longobardo.
La memoria di Alboino, il ruolo che Verona ebbe nella sua ascesa a re d'Italia e nella sua tragica fine, si conservò a lungo. Alberto della Scala chiamò Alboino un suo figlio e Cansignorio fece scolpire la sua effige tra quelle dei re della città, nello stelo che regge la statua di Madonna Verona nella celebre fontana di piazza Erbe.

 

Anche se la capitale venne spostata poi a Pavia, Verona continuò ad avere un ruolo centrale nela storia longobarda in Italia. Dopo li breve regno di Clefi e il decennio in cui i duchi longobardi, temendo per la loro autonomia decisero di non nominare un sovrano, sotto la minaccia franca, re d'Italia venne eletto Autari, duca di Verona. La capitale continuava ad essere Pavia, ma il matrimonio tra Autari e Teodolinda, principessa bavara, si tenne nel 589 con grande sfarzo proprio nei pressi di Verona. Lo stesso anno le violente piogge che si riversarono su tutta l'Italia causarono l'esondazione dell'Adige che sommerse per metri la città intera non riuscendo tuttavia a penetrare all'interno della chiesa di San Zeno che si mantenne asciutta nonostante fosse stata sommersa dalle acque. I fedeli che vi avevano cercato rifugio, tra cui lo stesso Autari, si salvarono gridando al miracolo.
Alla morte di Autari si susseguirono numerosi altri sovrani longobardi tra cui il celebre Rotari con il suo famoso editto, una dettagliata raccolta di leggi. Si giunse così alla fine del 700, quando una nuova stirpe di regnanti si apprestò a prendere il controllo della penisola italiana: i Franchi.

 

Non sono molti i segni lasciati dai longobardi a Verona, in parte a causa di un'epoca che distrusse più che costruire. Dalla breve rinascita teodoriciana, fino all'inizio del 1000, a Verona, come per altro in buona parte d'Italia, non vennero infatti eretti edifici in muratura degni di nota o in grado di resistere al tempo. Alcune chiese realizzate o ampliate in epoca longobarda quali Santa Teuteria e Tosca, San Giovanni in Valle, San Giorgio, San Fermo, San Nazaro, i Santissimi Apostoli, San Lorenzo, vennero considerevolmente modificate nei secoli successivi. Testimonianze longobarde sono esposte al Museo di Castelvecchio. Si tratta per lo più di corredi funebri: umboni di scudo, fibie, spade e decorazioni varie.

 

☎: +39 333 2199 645

info@veronissima.com